UN’ECCITANTE SORPRESA – Non solo Storie Cap.
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Cinque minuti che mi sembrarono interminabili, cinque minuti che non ho mai dimenticato; ero frastornato dal susseguirsi di pensieri che solo la mente di un malato poteva partorire, dovevo affrontare Alina e le sue domande sulla macchia, dovevo portare il kit in cantina da Luis, che mi aspettava, e trovare una scusa plausibile per il ritardo, e come se la cosa non fosse già abbastanza complicata, mi sarei dovuto inventare qualcosa che sorprendesse i miei amici, ormai l’avevo detto.

L’idea che fino a qualche secondo prima consideravo geniale, incominciò a manifestarsi per quello che veramente era, ovvero, una grandissima minchiata!

Cosa diamine potevo inventare con due tirabuscion, una pompa per realizzare il vuoto nelle bottiglie e tre tappi sigillanti… non avevo neanche più il comodo panno di cotone bianco; con quello avrei potuto stupirli con qualche gioco di prestigio, di quelli imparati ormai tempi memori, duranti i campi scuola Boyscout.

Ma pensai subito che non era il caso, visto l’uso appena fattone. Ci mancava solo di aromatizzare l’ambiente con la fragranza di nettare maschile appena munto…

Alzai gli occhi al cielo come per chiedere consiglio, non so neanche io a quale angelo, e per tutta risposta sentii sul viso due bei goccioloni d’acqua. Perfetto, stava anche piovendo. Ringraziai per la risposta e con molta fretta, quella che solo un temporale improvviso ti può dare, presi il trolley dal baule e usandolo a modo di ombrello poggiandolo sulla testa, mi diressi verso l’uscio di casa.

Feci per aprire, ma un istante prima di abbassare la maniglia, il mio corpo, come se mi volesse tutelare, si immobilizzò.
– «Cazzo devo affrontare Marta e il suo sorrisino beffardo» -. Pensai.

Neanche il tempo di metabolizzare, in un nano secondo, con i miei neuroni battuti sul tempo, senti la maniglia scendere e la porta tirare. Era lei! Davanti a me. Marta.

– «Dai, dai, dallo a me il trolley.»
– «Accomodati.» Disse prendendomi dalla testa l’ombrello improvvisato.

Vi diresse verso la cucina e girandosi mi fece segno con la mano di seguirla.

Non so perché, ma quel suo gesto, mi rassicurò, pensai che probabilmente non mi aveva visto, che fosse stata solo una mia impressione e che la serata poteva continuare senza avere addosso quella terribile sensazione di imbarazzo. Qualcuno, la su, mi aveva ascoltato, forse li avevo fatto pena.

La segui. Entrai nell’ampia cucina, aveva una luce nuova ai miei occhi, sembrava ancora più bella di come l’avevo sempre vista.

Al centro della stanza, un tavolo in cristallo, enorme, con un basamento ricavato da un tronco di ulivo secolare circondato da sedie, sempre ricavate dallo stesso albero, poggiate su uno spettacolare pavimento in ardesia, originale, risalente a due secoli fa.

Pareti in pietra a vista e un arredamento molto semplice, realizzato con pezzi di scarto e frutto della fantasia e delle mani d’oro della pazzerella. Di Taz, questo il suo nomignolo.

Ero fermo li come mummificato, lei poggiato il trolley in angolo, mi si avvicinò e con modo soave, accarezzandomi il viso, mi sussurrò, con le sue labbra quasi a contatto con il mio orecchio, e con una voce talmente sensuale che mi sembrò angelica:
– «Ti ho visto sai? Mi hai fatto bagnare…»

E soffiandomi leggermente dentro:
– «Ho voglia di te. Mi hai fatto sentire donna.»

Cosa stava succedendo!
La sua mano, lentamente dal mio viso scivolò lungo il torace per infilarsi nei pantaloni, sentì la sua mano avvolgere il mio cazzo, con una stretta delicata ma decisa afferrarlo e scappellarlo:
– «Si sta meglio senza mutande, vero?»

Arcando leggermente indietro il bacino, annui, emettendo un piccolo gemito di piacere.
Sfilò dolcemente la mano la portò a contatto con il naso. Socchiuse gli occhi e inspirò.
Il contrasto di emozioni che mi pervadeva lasciò in un attimo spazio all’eccitazione.

Ero basito, incredulo e inerme, ma dentro di me desiderai quella donna.

Il suo sguardo era più chiaro, comunicava più di tante parole, inspirando socchiuse gli occhi, vidi il suo corpo tremare, sentivo la sua voglia. L’odore del mio sesso sembrò, quasi l’avesse stordita. Rimase così per qualche secondo e poi mi disse:
– «Hai una macchia sui pantaloni, non vorrai che Alina si accorga? Ci penso io a te. Birbantello.»

Mi prese per mano per portarmi vicino alla piano di lavoro della cucina. Impugnò il contenitore con la salsa che poco prima mi stimolò, con un dito ne recuperò un po’ e lo avvicinò alla mia bocca.

Istintivamente afferrai il suo dito e lo infilai nella mia bocca, con una leggera pressione della lingua e chiudendo leggermente le labbra, lo sfilai.

Era buonissima! Un pesto particolarmente delicato con sentori di rosmarino e miele, ebbi un ‘esplosione di sapori in bocca che a chiudere gli occhi mi sembra ancora di sentire.

«Afrodisiaco!» Esclamai, con voce e intensità che sembrava quella di un bambino intento a gustarsi il primo cucchiaio di una confezione vergine di nutella. Sorrise.

Intinse nuovamente il dito nel contenitore e mentre mentalmente ero pronto a una nuova esplosione di gusto, mi strofino parte di quel nettare sulla macchia, dicendomi:
– «Ad Alina diremmo che ti sei sporcato per colpa mia, uno schizzo di pesto ti è arrivato addosso mentre lo stavo preparando. Ok?»

Annui e sorrisi. Quella Donna era un genio!
– «Su ora vai da Luis che ti sta aspettando, non vorremmo mica bere il vino senza prima farlo decantare?» Fu la sua risposta dirigendosi verso il corridoio.

La fissai per un attimo mentre si allontanava sculettando, e ripensai al suo culo nudo. La volevo.

Ora dentro di me le sensazioni si alternavano, da una parte, le preoccupazioni che prima mi tormentavano, in parte non avevano più senso si esistere, non mi sarei dovuto giustificare con Alina per la macchia, e questo fu un vero sollievo, mi stavo dirigendo da Luis e non avrei dovuto inventare nessuna sorpresa.

Dall’altra, però, la mano che poco prima mi accarezzò, non potevo non considerala, volevo quella mano, volevo, quella donna! La desideravo. Nel suo sguardo vidi la passione, vidi ciò che lei voleva e non era un mia fantasia. Era reale.
Non sentivo sensi di colpa, non mi impensierivo per suo marito e, cosa che mi stranì ancora di più, non avevo sentivo di aver tradito mia moglie.

Scesi le scale, questa volta senza timori.
Luis era in piedi di spalle e sistemava le bottiglie, da me portate, notai che in quel gesto ci metteva passione, è un amante del buon vino e come tale sa benissimo che la conservazione è fondamentale per non rovinarlo e per esaltare gli aromi e il gusto.

In una parete della cantina, aveva realizzato uno spazio dove sistemarle nel modo giusto. Una serie di mattoni forati sistemati con un inclinazione tale che il vino contenuto nella bottiglia tenesse sempre il tappo umido.
Esteticamente molto bello da vedere e molto funzionale, come lo era la cantina tutta.

Umidità e temperatura controllata, luci soffuse, una vera sciccheria. Il mio sogno che si avverava.
Era da un anno circa che insieme si era deciso di creare un angolo tutto nostro dove dedicarci alla nostra passione. L’idea è nata una sera mentre si sorseggiava un buon passito di Pantelleria; cinque vini per regione per un totale di cento etichette diverse selezionate per tipologia diversa.

Mi occupo io di procurare il vino, per lavoro girò tutto lo stivale e facendo parte di un’associazione nazionale sommelier so sempre come reperire ottimi prodotti, naturalmente la scelta si fa insieme.

Ogni primo sabato del mese ci si incontra per una cena a base di prodotti tipici e vini della regione scelta, una parte del vino va ad arricchire l’assortimento, ma la maggior parte va ad arricchire i nostri sensi, con nostri, intendo anche delle nostre consorti, pure loro sono delle amanti del buon vino. Quella sera era il turno della Lombardia. Mamma mia che terra, che cibo, che cultura e che vini.
– «Eccomi Luis, scusa il ritardo, non trovavo il kit.»
– «Quale kit?» Rispose.

Glielo mostrai, appena lo vide gli piacque molto.
– «Questo è un piccolo pensiero per te.»
– «Ma, non dovevi!» Mi abbraccio. Come sempre esagerando con la stretta.
– «Su dai, dobbiamo far decantare il vino! La cena è pronta.» aggiunse dandomi una pacca sulla spalla.

Si opzionò per un Piccolo Principe del 2000 della Cantina Cabanon, base Barbera, oltre Po’ Pavese. Una vera perla.
Luis prese due decanters e con molta maestria e soddisfazione, versò il contenuto al loro interno, dopo aver aperto le bottiglie con il suo nuovo cavatappi.

– «Lasciamo che il tempo faccia il suo dovere.» Disse.
Ora ero totalmente rilassato, la situazione si era tranquillizzata, i problemi risolti e quel senso di eccitazione e desiderio che mi stimolava. La vita è strana pensai.

«Alessio, anche io ho un pensiero per te.» Mentre lo diceva si diresse verso la porta situata nella parte destra del ambiente, non avevo mai visto quella stanza, non sapevo cosa ci fosse dentro e la cosa mi incuriosiva parecchio.
Era un piccola porta antica, a due ante, con un lucchetto a chiuderla.

Vedendola così non dava l’idea che potesse custodire oggetti di valore, ho sempre pensato che fosse un ripostiglio.
Aperto il lucchetto entrò dentro e dopo qualche istante, senza nemmeno accendere le luci, riuscì con un pacchetto in mano.
– «Per te e Alina.» disse, con un’ abbozzo di sorriso.

Presi il pacchetto, sembrava contenesse un a rivista o un libro, pensai che ci avesse regalato un periodico di qui li avevo parlato tanto e non ci badai più di tanto.

Lo ringraziai.
– «Ti chiedo solo una cosa, lo devi aprire stanotte, quando sei solo con tua moglie. E’ una sorpresa per entrambi. Ok?»
– «Va bene.» Gli risposi. La cosa mi incuriosì, ma accettai senza remore.

Si sentirono dei passi percorrere la scala, mi girai per capire chi fosse. Era Marta che veniva ad avvisarci che la cena era pronta. La fissai. Mi fissò.

Era abbagliante, bella, quel tubino stretto mi stimolava. Si girò e risalì, ancheggiando come solo lei sa fare, non potevo esimermi dal guardare quel culo statuario, non mi interessò avere il marito affianco, sentivo il bisogno fisico di seguirlo, stava diventando una fissazione per me. Lo dovevo fare mio. Lo volevo mio.